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Mostra Mestée e lavorà in Brianza

dall'8 febbraio al 7 marzo 2024, Spazio Eventi di Palazzo Pirelli (Via Fabio Filzi, 22 Milano)


Orari di apertura al pubblico:
Lunedì-giovedì: 9.30-13.30 (ultimo ingresso 12.30) / 14.30-17.15 (ultimo ingresso 16.30)
Venerdì: 9.30-13.30 (ultimo ingresso 12.30)
Ingresso libero 

La proposta articola un discorso comprensivo di aspetti letterari e artistici attraverso l’esame di uno degli elementi qualificanti della cultura brianzola, il lavoro e in particolare l’uomo che lavora, facendo propria in modo egregio uno dei pilastri della cultura universale.

La società è cambiata ed è mutato radicalmente il modo di lavorare: la radice artigianale del lavoro, con il gusto di fare sapientemente con le proprie mani, è stato sostituito da serialità industriale e dai lavori di contenuto tecnico ed intellettuale.

Riandare agli antichi mestieri significa riscoprire oltre che modi di lavorare anche modi di relazione, di affronto della realtà tipici di un mondo che, rispetto ad oggi, procedeva a ritmi rallentati.

Lo scrittore Italo Calvino ha teorizzato il concetto di lentezza: tale espressione, a nostro avviso, può esprimere anche il carattere fondamentale dei rapporti sociali di un tempo. In quella società il rapporto delle persone con il tempo era certamente meno conflittuale di oggi.

Abbiamo scelto un gruppo di artisti ai quali abbiamo affidato l’interpretazione pittorica di un antico mestiere; la loro capacità di illustrazione, senza alcun vincolo di tecnica, ha fatto emergere un’umanità variopinta e, a volte, bizzarra, soprattutto per le attività più curiose e, in parte, estinte. Per dare uniformità alla rassegna abbiamo vincolato i pittori ad un’unica dimensione delle opere.

Sono mestieri della Brianza… ma non solo.  Sono stati scelti i più popolari tra le centinaia possibili: si, perché quando si sfogliano i volumi che conservano traccia delle molteplici attività che sono alla base di tutte le civiltà, ci si rende conto di quanto numerose esse siano!

L’esposizione delle opere è accompagnata da brevi testi, alcuni in dialetto, attraverso i quali ricongiungere le rappresentazioni al contesto sociale da cui sono state generate. Un modo dunque anche di far riecheggiare alcune espressioni della lingua dialettale.

I mestieri illustrati
(denominazione dialettale) Barbee, Baslottee, Becchee, Brumista, Cantastori, Cavallant, Dottor, Facchin, Ferree, Fironatt, Frutireu, Gelatee, Impajadur, Lavandera, Legnamee, Liutaio, Locch, Magnan, Magut, Marussee, Materazzee, Merlettaia, Moletta, Mornee, Ombrelee, Orologee, Ost, Paisan, Posten, Prestinee, Quel de l’orghenin, Regiura, Sarta, Spazzacamin, Strascee, Zoccorat.  

Gli artisti
Angelo Bartesaghi, Alessandro Berra, Alberto Bogani, Paolo Bonetto, Gianfranco Brambilla, Marco Busoni, Cesare Canali, Silvano Capellini, Enrico Carzaniga, Egidio Cassanmagnago, Alberto Ceppi, Maddalena Ceppi, Donato Ciceri, Pietro Floria, Simona Francioso, Raffaele Francomano, Angelo Fumagalli, Enrico Galbiati, Angela Marabese, Renato Molteni, Giuliano Motteran, Khudoley Olena, Aleksandra Ostapova, Luigi Rossini, Vanni Saltarelli, Gerry Scaccabarozzi, Flavia Somasca, Giuseppe Sottile, Bartolomeo Spanò, Mario Tettamanti, Sergio Turle, Stefano Vavassori

CIRCOLO CULTURALE DON RINALDO BERETTA – Presentazione dell’Associazione organizzatrice

È nato agli inizi degli anni 60’ su iniziativa intraprendente di un gruppo di giovani animati dal desiderio di dare vita, all’interno del paese, a un ambito di confronto critico e capace di una lettura consapevole delle grandi trasformazioni che interessavano la società italiana. Vi era la necessità di trovare una chiave di interpretazione degli eventi e un personale criterio per le scelte di vita.

L’attività del Circolo Culturale è orientata da un’ispirazione cristiana: emblematica l’attenzione all’opera dell’illustre storico della Brianza, Don Rinaldo Beretta, del quale sono stati pubblicati negli anni saggi e articoli e si tiene viva la memoria.

Grande attenzione è prestata ai valori della famiglia e del mondo del lavoro.

L’iniziativa che ha assunto rilievo negli anni è il Concorso di Pittura che ha raggiunto il traguardo di 42 edizioni.

Nel 2006 è stata promosso la realizzazione in Giussano della grande mostra “Montini Paolo VI – Cultura, arte e annuncio”; successivamente viene allestita la mostra “I Promessi Sposi di Giorgio Scarpati”, presentando la rassegna completa degli studi grafici sui Promessi Sposi realizzati dal pittore Giussanese. E tante altre mostre e rassegne.

Nel corso degli anni il Circolo ha promosso diverse manifestazioni legate ai temi della cooperazione e della mutualità. Molteplici attività del Circolo sono improntate all’impegno civico, all’attenzione per il territorio e alla crescita della comunità locale, con al centro la promozione della persona, dei suoi valori in un’ottica disinteressata e di gratuità.

Cenni critici su lavoro e dialetto
Franca Pirovano, scrittrice esperta della cultura popolare della Brianza. Non sempre i proverbi suggeriscono la saggezza di un popolo, ma nel caso del lavoro mi sembra che le massime diffuse nella vecchia Brianza possano addirittura insegnarci ancora qualcosa. E del resto i brianzoli sono e sono stati orgogliosi della loro laboriosità, oggi come l’altro ieri.  Mi pare interessante a questo proposito ricordare due immagini medioevali presenti nella chiesetta di san Martino (parrocchia di Carugo, comune di Mariano) che raffigurano Adamo nel Paradiso Terrestre e poi chino a lavorare la terra con la zappa: ebbene, l’Adamo che lavora ha capelli e barba corti, un aspetto meno selvaggio di quando era felice e sfaccendato nel giardino dell’Eden, quasi a mostrare la funzione civilizzatrice del lavoro umano.

E del resto “laurà cun alegrìa l’è ‘l mèi mesté che ghe sia”. Non che sia facile lavorare con gioia: la stessa parola lavoro deriva dal latino  labor , che significa fatica e sofferenza…Infatti i brianzoli dicevano: “a laurà se fa fadiga” perché “la tèra l’è bassa”.

C’era però grande fiducia nel valore del lavoro: si poteva raggiungere la tranquillità economica imparando un buon mestiere, perché “a chi g’ha un mesté in man ghe manca minga un tocc de pan”, e a chi voleva lavorare di più si ricordava che a mesterasc corrisponde daneràsch.


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